Cesare Gualdoni è il fondatore del birrificio Orso Verde di Busto Arsizio, aperto dal 2004 e molto noto nel settore della birra artigianale italiana. Cesare è un birraio esperto e capace, riconosciuto tra i migliori in Italia. L’ Orso Verde è Cesare, e nella figura del birraio si specchia la filosofia del birrificio. Cesare è una persona genuina, nota nell’ambiente per avere il coraggio di assumere delle posizioni nette. E’ una persona che si ama o si odia, e la lunga chiacchierata avuta con lui in birrificio conferma la dicotomia. Oltre ad essere molto disponibile, Cesare è una persona schietta e amabile.
Un freddo sabato mattina è l’occasione di una visita all’ Orso Verde. La gentilissima Michela e il noto Cesare ci accolgono nella sede del birrificio, mettendosi a disposizione per soddisfare alcune curiosità.
La nascita dell’ Orso Verde
“Io ho iniziato a fare birra provando e riprovando le ricette per decine di volte. Solo attraverso questa esperienza puoi ambire a diventare un birraio, e a produrre buona birra. Un tempo eravamo in pochi e ci si conosceva: andavamo insieme ai pochi eventi di settore. Non c’era concorrenza ma tanta condivisione. Si discuteva di tematiche tecniche, a proposito degli ingredienti, e si cresceva insieme.
La passione era il traino di tutto. Ora devi essere meno spontaneo e stare attento a cosa dire, e a chi dirlo. Quando sei una avanguardia e non circola troppo denaro, quello che ti muove è la passione pura. Poi quando arriva il denaro arrivano anche gli investitori, che sono mossi dal profitto e non dalla passione. Così i prodotti vengono immessi anche nella grande distribuzione, che è una cosa piuttosto deprimente.”
Come ti sei formato?
“Ho fatto un corso di UnionBirrai nel 2002 ma facevo già la birra in casa da tempo. Poi ci sono anche le persone e i libri che sono di aiuto. Ho svolto una formazione sul campo, approfondendo le tematiche attraverso le letture e la esperienza degli altri. Solo dopo centinaia e centinaia di cotte, se non migliaia, puoi iniziare a considerarti un aspirante birraio.”
Come nasce l’ Orso Verde?
“Volevo un nome italiano ma nulla mi ispirava. Ho chiesto ad amici e parenti di proporre qualche nome e a mia moglie è venuto in mente l’orso verde, che è un orso di peluche che avevo dall’età di 9 anni. Mi piaceva anche la scritta del nome, così abbiamo tenuto il nome, insieme al disegno dell’orso verde che trovi ancora sul logo.
Per anni ho inventato tante storie, sino a quando ho messo la foto dell’orso verde qui in birrificio (Cesare ci mostra la foto del cimelio). Voglio aggiungere una cosa, che è fondamentale per capire il perché io abbia scelto questa strada. Ogni persona deve lavorare, almeno la maggioranza di esse. Riuscire a creare un mondo in cui sei comodo e a fare ciò che ti piace è importante.”
Riflessioni sul mondo della birra artigianale italiana.
“Ci sono solo due tipi di birra al mondo, quella buona e quella non buona. Poi c’è anche chi fa birra buona ma non sa spiegarla, e viceversa. E’ importante che la birra vada spiegata. Facciamo un esempio: se dovessi presentare un lambic, non è possibile che possa piacere subito. Qui è necessaria una spiegazione, sul perché ci sono dei profumi e degli aromi così particolari. Di contro, bisogna anche essere equilibrati, per non dare la percezione che la birra sia un prodotto solo per esperti.”
Cosa pensi del grande numero di birrifici artigianali italiani?
“Per rispondere a questa domanda dovremmo analizzare anche il fenomeno delle beer firm, molto presente in Italia. Io credo sia una pratica profondamente sbagliata. Non ho mai pensato a fare birra per altri, nemmeno quando ho aperto, anche perché ai tempi non si usava.
Per quanto possa essere ben fatta, una birra prodotta in un impianto non tuo non ha un senso, a parte quello economico. Non c’è nessuna soddisfazione nel farlo. E’ la stessa attività che viene fatta per le gdo, quando un supermercato si fa produrre la birra per poi marchiarla con il proprio brand. Se il mio birrificio facesse cose del genere non lo potrei mai sentire come il mio birrificio.
Quando i prezzi arriveranno ad essere troppo alti, perché la birra così prodotta viene venduta due volte, i terzisti avranno un grosso problema da risolvere.”
Le birre dell’ Orso Verde
“Io sono cresciuto con le birre tedesche, che andavano molto. Andavo in Germania a visitare i birrifici e quindi le prime birre prodotte erano tipicamente stili tedeschi. Quando ho iniziato a frequentare i festival e a confrontarmi con i colleghi ho riscoperto altri stili. Così ho iniziato a produrre birre un po più luppolate.
Ricordo che nel 2006 a Pianeta Birra c’erano degli stand americani che proponevano le IPA: i luppoli americani non erano ancora noti da noi. All’uscita dalla fiera mi sono subito impegnato a farne una. In genere ho prodotto birre che poi volevo bere.”
Quali birre produci?
“Siamo in produzione 3 o 4 volte alla settimana. La Rebelde è la birra che va di più, indubbiamente, anche se la mia preferita è la DNA, la bitter di casa. In genere mi piacciono le birre non troppo robuste.Le birre prodotte sono poco meno di 20, e trovi bitter, bock, baltic porter, IPA, golden ale, helles, american wheat, pils, lager e altre.”
L’affollamento di birrifici e beer firm comporta la necessità di distinguersi: come lavorate a livello di marketing?
“Non mi sono mai interessato troppo alla questione. Secondo me è importante il lavoro e la qualità di quello che fai. Non si deve per forza raccontare tutto ciò che c’è dietro al lavoro, per stupire. Il successo deriva da quello che fai, non da quello che dici.”
Progetti per il futuro
“Ora abbiamo due tap room, una a Milano e una a Varese. Entrambi stanno andando bene. Il locale a Milano è molto frequentato, anche da molti stranieri. La tap room di Varese è più grande, situata in centro. L’Orso Verde ora ha tre birrai, e io posso svolgere la funzione di supervisore. Si pensa ad allargare i confini delle nostre birre, ma in tal senso ci rifletteremo.”
Usciamo dal birrificio verso mezzogiorno, quando lo spaccio dell’ Orso Verde inizia ad affollarsi di clienti e avventori. Ci rivedremo a breve.